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Famiglie




Ciccolini

Stemma Ciccolini

ARMA: Di azzurro ad un monte di sei vette d’argento, tenente nel becco una spiga di grano di oro. DIMORA: Roma e Macerata. Antica famiglia di Macerata che si trasferì a Roma e dove nel 1574 fu ascritta a quella nobiltà. LUDOVICO nel 1607 fu ricevuto cavaliere dell’I. M. O. di S. Stefano di Toscana e parecchi altri furono cavalieri del S. M. O. di Malta. Alcuni furono dei Conservatori di Roma, quali: ANTONIO nel 1626 e CICCOLINO nel 1662; e priori dei Caporioni quali Alessandro nel 1626; e MODESTO ne 1804. Un TEODORO avendo sposato Lucrezia d’Ornè, ebbe il titolo di marchese per sé e discendenti. La Consulta Araldica (v. Elenco nob. uff. delle Marche, 1908) dichiarò spettare a questa famiglia i titoli di marchese (m. pr.); patrizi romani (mf.). Oggi la famiglia è divisa in due rami: quello di Roma e quello di Macerata. Ramo di Roma: (Via S. Luigi dei Francesi, 3). Marchese CLEMENTE Ciccolini, patrizio di Roma e Macerata, n. a Roma 18 luglio 1878 dai furono m.se Teodoro (1843-1919) e m.sa Maria Theodoli (1848-1887). Zia: Adelaide, patrizia di Roma e Macerata, n. a Roma 8 luglio 1847 dai fur. M.se Giuseppe (1814-1899 e m.sa Francesca Speroni (1809-1891). Ramo di Macerata: Marchese CLAUDIO QUINTO, patrizio di Roma e Macerata, n. a Macerata dal fu Claudio. Fratelli e sorelle: Ortensia, CLAUDIO SESTO, CLAUDIO SETTIMO. Figli di Claudio Sesto: Teodoro, Isabella.


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Firmani

Stemma Firmani

Questa famiglia, antica e meritamente nota, è citata in documenti ed in fonti originali di storia, come FIRMANI o FERMANI. Di origine Marchigiana (il cognome stesso la indica oriunda di Fermo, o per lo meno del territorio fermano posto fra Ascoli E Macerata ha lasciato notizie degne di rilievo in diverse località, vale da dire in Macerata, Teramo, Ripatransone ed Ascoli. Il ceppo può considerarsi Maceratese ed i nuclei delle altre città, diramazioni del medesimo. Questo perché abbiano prova nel sedicesimo secolo, che i suoi appartenenti tenevano cariche in Roma, ma erano detti “antiquate Maceratensis” (di antica stirpe maceratese). Il Savini nelle sui “Le famiglie della regione Teramana” cita PANFILO FIRMANI teste in un documento dell’anno 1539 che si conserva nell’archivio di San Giovanni e pone al 1612 la memoria di Giovanni che fu canonico nella città di Campli. Ma certo il più illustre soggetto della famiglia fu ANNIBALE, nato nel 1532 a Fano, versatissimo nelle lettere che studiò nel celebre Ateneo bolognese sotto il famoso Gabriello Paleotti che fu poi creato Cardinale da Pio IV. ANNIBALE, insigne letterato, riuscì versatissimo nelle leggi e nella filosofia, nell’oratoria e nella politica: quindi scopertasi una fervente fede, entrò nell’ordine dei Gesuiti. Il Firmani morì in Loreto nel 1595 dopo aver dato alle stampe varie opere riportate da Giuseppe Colucci nelle sue “Antichità Picene” e ampiamente citate nella “Biblioteca Scriptorum societatis Jesu”. Che nel 1500alcuini dei Firmani di Macerata fossero in Roma, lo conferma un codice del Iacovacci nel quale sono ricordati CESARE e GIULIANO Firmani di Macerata cittadini Romani. Nella Chiesa dei SS. Apostoli in Roma, nel 1528 fu sepolto nel pavimento di mezzo FELICE il quale visse quarantasei anni in Roma come segretario del Cardinale Musino di Orte, In S. Lucia del Gonfalone, sulla parete destra dell’andito superiore della casa annessa alla Chiesa, si trova la sepoltura di Francesco Firmani, in data 1570. nella lapida scolpita , FRANCESCO è qualificato con l’appellativo di “nobili familiare” cioè di stirpe nobile. Segue in San Silvestro e San Martino, la memoria di Carlo, morto nell’agosto del 1638. Il sepolcro fu eretto dallo zio GIOVANNI FRANCESCO Firmani in memoria dell’amato nipote. Non deve meravigliare se appartenenti di famiglia marchigiana fiorirono in Roma e vi tennero pubbliche cariche perché, infatti, le Marche facevano parte dello Stato della Chiesa, ed era marchigiano quel Papa Sisto V che tanto fece per assicurate il possesso di quella regione alla S: Sede largheggiando di benefici con i suoi compaesani. Nel secolo diciottesimo si distinse AGOSTINO che esercitava in Ascoli la professione del Notaio. L’Orlandi nell’opera “delle città d’Italia” annovera i Firmani tra le famiglie godenti la Nobiltà di Atri. Infine in epoche a noi più vicine emerge il latinista ANGELO,che diede alla stampe varie edita in Firenze e Roma nello scoro secolo. Oggi alcune linee della famiglia Firmani, staccatasi dal vecchio ceppo Maceratese, vivono in Arquata del Tronto, Ascoli, Roma, Firenze e anche negli Stati Uniti d’America. Lo stemma fin da tempo antico è così blasonato: “D’argento al monte di tre cime di verde sostenente un leone di rosso tenente fra le branche un ramo di verde. Capo azzurro all’aquila di nero posta tra un crescente d’argento ed un stella d’oro”.


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Perla

Stemma Perla

Famiglia Napoletana. Trovasi alcune notizie fin dal sec. XIII. Colui che originò questo casato fu un Giovanni Perla, Aragonese e nobile di Saragozza, venuto in Napoli nel 1416 seguendo Re Alfonso I d’Aragona; per primo si stabilì in Napoli quindi passò in Salerno con la carica di Regio Commissario. In questa casa ebbe le più alte considerazioni Pietro Perla famoso spadaccino e capitano delle armi del Re Ferdinando II d’Aragona di Napoli e Sicilia, che fu mandato in Italia con altri militi in aiuto di quelle città assediate dai turchi. Giovanni Dottore in Legge fu dal Re Filippo II di Sicilia suo legato alla Repubblica di Venezia. PERLA. Arma: d’azzurro alla conchiglia d’argento caricata di tre perle al naturale male ordinate, col cupo di rosso ad una stella d’oro. Dimora: Roma, Via S. Martino al Macao, 8.Famiglia originaria di S. Maria C. V., decotta del titolo di conte (mpr.) con R. D. motu proprio 27 dicembre 1925 e RR. LL. PP. 12 aprile 1926 in persone dell’attuale suo rappresentante S. E. il senatore Raffaele Perla, presidente del Consiglio di Stato, a riposo, ed ora insigne componente la Consulta Araldica del Regno. La famiglia è iscritta nel Libro d’Oro della Nob. Ital. e nell’Elenco Uff. Nob. Ital. Col titolo di conte (mp.), in persona di: S. E. Raffaele, senatore del Regno, avv., professore, Gr. Croce, consultare della R. Consulta Araldica, nato a S. Maria Capua Vetere 23 novembre 1853, figlio di Luigi e di Maria papa; sp. in Napoli 21 ottobre 1891 Maria Giulia Perla. Figli: 1) Luigi, n. Napoli 17 gennaio 1893; 2) Maria, n. Roma 17 febbraio 1896.


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Piccolomini

Stemma Piccolomini

Motto: El Deo et hominibus. Dimora: Siena, Pienza, Firenze e Roma. I Piccolomini appartenevano alle famiglie dei Grandi di Siena e furono ascritti al Monte del Gentiluomo. L’origine loro è antichissima, anche senza tener conto della tradizione della discendenza romana o etrusca che fu poi favoleggiata, ma che pure è prova del come essa sia stata sempre ritenuta una delle più antiche di Siena. Per la genealogia certa, i primi individui che si trovino ricordati in atti ancora esistenti sono Martino di Piccolomo, e sua moglie Rozana, che nel 1098 stipulavano un atto di vendita, nel quale dichiaravano di vivere secondo la legge longobarda. Questo potrebbe provare cha la vera origine dei Piccolomini risalga a qualcuno dei nobili di stirpe germanica che scesero e si fissarono in Italia alla conquista longobarda. Montone, di Piccolomo, è il secondo personaggio storico di cui si abbia sicura notizia, e il Malayolti e altri storici attestano che egli fosse della stirpe dei conti Cadoligi. Comunque sia, i Piccolomini partecipavano già al governo della città in quel periodo remoto, e li troviamo, fra i consoli in persona di Piccolomo, di Montone (1165) e Rainerio Montonio (11789. Essi possedevano il Castello, di Val di Montone, che dominava uno dei tre colli da cui si sviluppò, nel XII e XIII secolo, la Siena Medievale. La famiglia, già potente in città, fu tra le prime a dedicarsi al commercio e tenne banco in Genova, in Venia, in Trieste, in Aquileia, in Francia, in Inghilterra, in Austria e in Germania. Le ricchezze accumulate permisero ai Piccolomini di fare prestiti ingenti e potentati stranieri; esiste ancora il documento col quale il vescovadi Colonia, cancellier dell’impero, riconosce un debito di 4600 marche sterlinghe da lui contratto coi Piccolomini nell’anno 1258. Questo sviluppo commerciale ebbe il suo apogeo nel XIII secolo; ma l’ambizione politica e le rivalità con altre famiglie mercantili turbarono presto questo magnifico stato di cose. I Piccolonini erano guelfi e quando la parte ghibellina trionfò in Toscana, dovettero anch’essi p, come tanti altri, prendere la via dell’esilio, mentre la loro case e possidenti venivano devastati e distrutti. Dopo la battaglia di Montaperti però i ghibellini di Siena, sentendosi da un lato più sicuri della loro posizione, e vedendo d’altro lato il danno che veniva alla città per l’allontanamento delle più opulenti famiglie, liberarono alcuni più eminenti prigionieri guelfi. Purchè giurassero fedeltà a re Manfredi e alla parte Ghibellina; fra questi re Turcini di Chiaramontese Piccolomini. Con la sconfitta di Tagliacozzo e con quella che i ghibellini di Toscana ebbero a Colle Val d’Elsa fu rovesciata la situazione e i Piccolomini, rientrati in patria, furono fra i più violenti persecutori dei partigiani ghibellini. Vi fu un breve rovescio alla venuta di Corradino di Svevia, ma alla sua morte i Piccolomini ritornarono a continuare con maggiore energia le vendette sui ghibellini. Ma intanto questa lotte continue avevano dato al commercio senese un colpo fatale, perché nel frattempo i mercanti fiorentini, profittando dell’occasione, erano riusciti a occupare le piazze e i mercati di cui prima erano padroni i senese, preparando così la lenta decadenza economica della città rivale. I Piccolomini si ritirarono allora dai commerci, evitando in tal modo i fallimenti che più tardi travolsero altre potenti famiglie senesi, dedicandosi al consolidamento del loro dominio terriero. La famiglia si divide in tempi antichi in vari rami, ma questi mantennero fra loro contatti strettissimi, che vennero ancor più rafforzati allorché, per volontà espressa da Pio II, fu costituita quella Consorteria Piccolomini, che ancor esiste e lega a se tutti i discendenti di questa illustre casata Le terre e castelli posseduti in signoria dai vari rami della famiglia sono stati: Alma, Castiglincello, Amorosa, Roccalbegna, Torre e Castello, Porrona, Triana, Ripa d’Orca, Batignano, Celle, Castiglion della Pescaia, Radicofani, Monteratri, Sticciano, Modanella, Montemarciano, Camposervoli, l’isola del Giglio, Castiglion del Boscvo, Capestrano, Celano, Amlfi, Nacot in Germania, Valle nel regno di Napoli. Oltre ai titoli avuti dai vari remi della famiglia, va ricordato quello di conte palatino, che Federigo III concesse nel 1453 Enea Silvio, allora suo segretario, con diritto di successione per tutti i suoi discendenti; la Consulta Araldica lo ha recentemente riconosciuto per tutti i maschi dei vari rami. Le linee oggi viventi sono quattro.


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Piermarini

Stemma Piermarini

La storia dei Piermarini, originari dell’Umbria, risale al X sec. in un Giovanni Piermarini che fu il primo podestà di Perugia. In tutte le lotte civili a cui Perugia fu soggetta, i Piermarini si mostrarono amanti della libertà e specialmente Iacopo, che fu uno dei capi dei Dieci (nel 1500). Questa nobile famiglia fu feudataria ed ha goduto per un secolo del titolo principesco. Tra i suoi componenti più famosi vogliamo ricordare l’architetto neoclassico, allievo del Vanvitelli, Giuseppe Piermarini, nato a Foligno nel 1734 e morto nella stessa città nel 1808. Fu attivo a Milano dove costruì il Palazzo Reale (1769-78), il. Palazzo Belgioioso (1777), il Teatro della Scala (1776-78), a Monza (Villa Reale, 1777) e in tutta la Lombardia.


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Spinelli

Stemma Spinelli

Fam. napoletana, resid. Napoli. Risale all’ XI sec. con Ugone Spinelli crociato in Terra Santa. Possedette feudi cospicui. Diede generali, cardinali ed altri dignitari del Regno. Insignita del granducato di Spagna di prima classe. In tempi più recenti D. Troiano duca di Laurino, rappresentò il re Ferdinando II nel governo dell’isola di Sicilia, e fu decorato dei principali ordini cavallereschi del regno. Don Luigi duca di Aquara, sposò Donna Teresa Schipani Calò Ossario y Figueroa, duch. Di Diana. Per discendenza possedette i tit. di pro. Di Oliveto: duca delle Piaggine; duca di Castelcivta; sign. Di S. Pietro e Pantuliano e molte altre signorie. La sorella Donna Ottavia, Dama di S. M. di S. M. la Regina M. Cristina di Borbone sp. Il pr. Di Bufera Branciforte ed in seconde nozze Lord Pemboloc figlio. Don Vincenzo ultimo duca di Laurino da cui Donna Ottavia duch. Di Laurino nella quale si estingue questo ramo degli Spinelli, passando tutti i tit. in casa Caracciolo.


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Trenta

Stemma Trenta

Dimora: Lucca A questa storica famiglia lucchese, che i genealogisti fanno provenire dall’Alsazia, e che si trovò presente al giuramento prestato nel 1331 a Giovanni di Boemia, appartenne maestro TRENTA DI CASABSACIANA, il quale esercitò la spezieria in Lucca, insieme col figlio CIOMEO, nel secolo XIV. Federico “artium et medicinae docotr” fu padre di LORENZO, MATTEO, GLAVANO E SILVESTRO, i quali costituirono nella prima metà del secolo XV una compagnia commerciale, esercitando la mercatura oltr’alpe, e specialmente a Parigi ed a Bruges. Al mecenatismo di LORENZO, di Federico, si deve l’erezione della cappella in onore di San Riccardo, in San Federico, si deve l’erezione della cappella in onore di San Riccardo, in San Frediano di Lucca, cappella ornata delle lapidi terragne dei Trentata (1413) e di un politico d’altare (1422), opere di Jacopo della Guercia. Il suo nipote Lorenzo, di Matteo, fu vice governatore di Taranto (1418), tesoriere e famigliare, di Giovanna II, regina di Napoli. Fra gli ecclesiastici che illustrano questa famiglia, il più noto è Stefano, vescovo di Lucca (1448-1477), nominato legato a latere da Pio II a Federigo III per sollecitare, nel 1459, la guerra contro il turco. Sostenne per la Repubblica lucchese una ambasceria a Paolo II, dal quale fu inviato nel 1467 in Inghilterra al re Edoardo IV, come risulta dagli atti della sua legazione, editi da G. D. Mansi. Da Sisto IV fu eletto legato del patrimonio di S. Pietro, nel quale ufficio morì il 16 settembre 1477. Tra i letterati è ricordato specialmente Lorenzo, di Vincenzo, di Galvano, autore di un libro di cronache della sua città compiuto nel 1583; Felice, scrittore di libretti musicalti nel secolo XVII; Alessandro e Cesare, della Congregazione della Madre di Dio, scrittori agiografici del secolo XVIII; Tommaso, segretario della R. Accademia lucchese, di cui fu reggente; Silvestro, nel 1585, autore delle “Dissertazioni” sulle arti belle in Lucca, (edita 1822).


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